Sfide poste dal GDPR per la ricerca secondaria sui dati personali
Un articolo pubblicato in European Journal of Human Genetics esamina le sfide che la ricerca secondaria deve affrontare in materia di dati personali e campioni biologici condivisi nell’ambito della comunità delle banche dati e delle biobanche a seguito dell’implementazione del Regolamento Generale Europeo sulla Protezione dei Dati (GDPR). Con “ricerca secondaria”, gli esperti si riferiscono alla ricerca condotta su dati o campioni biologici raccolti per studi di ricerca e non, ad esempio per le cure cliniche.
Tra le sfide affrontate dai ricercatori secondari riguardo ai dati personali nel contesto del GDPR europeo, gli autori citano il trattamento dei dati anonimi rispetto ai dati pseudonimi, l’attuale comprensione dei dati anonimizzati e il modo in cui la comunità della ricerca è abituata a gestire questo tipo di dati. Nella ricerca secondaria, i dati sono codificati con chiave (ai soggetti della ricerca vengono assegnati degli identificativi) e siccome sono considerati dati personali, la comunità della ricerca è tenuta a uniformarsi alla politica o all’accordo formale; senza una chiave, è impossibile de-identificare o anonimizzare i dati e proseguire con il follow-up degli interessati. Inoltre, secondo il GDPR, i dati pseudonimizzati sono da considerarsi dati personali. Ad esempio, nella ricerca nel contesto delle biobanche, i dati codificati con chiave devono essere considerati dati personali. In altri contesti normativi, ad esempio negli Stati Uniti, secondo l’Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA) del 1996, i dati codificati con chiave possono essere de-identificati o anonimizzati, e i ricercatori possono de-identificare dati sanitari protetti sulla base del parere di un esperto in grado di garantire che non vi sia alcun rischio (o un rischio ridotto) che l’informazione venga usata, singolarmente o in combinazione con altre informazioni disponibili. L’Autorità per la Ricerca Sanitaria del Regno Unito non considera i dati pseudonimizzati come dati personali.
Un’altra sfida consiste nella mancanza di un consenso ampio. Ottenere il consenso degli interessati risolverebbe il problema dei dati personali; tuttavia, anche in questo campo, mentre il GDPR permette agli interessati di acconsentire all’uso dei propri dati da parte dei ricercatori, si ravvisa la mancanza di un ampio consenso da parte dell’UE e delle agenzie di regolamentazione degli Stati Membri. Secondo l’articolo 6 del GDPR, la ricerca secondaria sui dati sanitari o genetici deve avere una base legale. Gli esperti raccomandano l’introduzione di alcune eccezioni per facilitare l’uso dei dati personali da parte della comunità della ricerca, compresi i dati sanitari in caso di ricerca scientifica. Queste eccezioni sono già previste, ma non sono ancora applicate all’uso secondario dei dati personali, come nel caso dei dati provenienti da biobanche e banche dati. Un’altra sfida è rappresentata dalla collaborazione tra la comunità della ricerca dell’Unione Europea e la comunità nella ricerca non-UE (il GDPR richiede una base legale per il trasferimento dei dati dall’UE ad aree non UE).
In conclusione, il GDPR pone alcune sfide per la ricerca secondaria, derivanti dall’assenza di indicazioni chiare sul modo in cui procedere con il trasferimento dei dati personali, mentre le poche normative esistenti variano tra Stati Membri dell’UE, con costi significativi. Il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) può guidare la comunità della ricerca nell’anonimizzazione e nell’elaborazione dei dati personali, nonché nel loro trasferimento internazionale. Il Garante Europeo della Protezione dei Dati, in una dichiarazione di gennaio 2020, ha chiesto un chiaro orientamento per il 2020, con particolare attenzione alla relazione tra protezione dei dati e ricerca scientifica.
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La partecipazione dei pazienti alla ricerca sanitaria abbatte le barriere
Uno studio sui tumori rari conferma che la partecipazione dei pazienti alla ricerca sanitaria sta crescendo in tutto il mondo, come confermato anche dal Patient-Centered Outcomes Research Institute degli Stati Uniti. Lo studio online sui pazienti affetti da angiosarcoma, un tumore raro, ha contribuito ad abbattere alcune barriere come la bassa incidenza e la distanza geografica nella popolazione dei pazienti, con un forte impatto sulla salute e il benessere dei pazienti. I pazienti e i loro familiari sono stati coinvolti nella progettazione, nei test di implementazione e nel perfezionamento del processo dello studio. Lo studio è stato condotto in Canada e negli Stati Uniti. Ogni anno, negli Stati Uniti si registrano 300 casi di angiosarcoma.
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