Brexit: cosa cambierà per i malati rari
Il Regno Unito ha recentemente votato a favore dell'uscita dall'Unione Europea (UE) ed è pronto a invocare l'articolo 50 del trattato di Lisbona, firmato nel 2007, per avviare i negoziati per l'uscita.
Anche se attualmente non c'è chiarezza su quali siano gli effetti di un'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, da più parti è stato manifestato il timore di vedere vanificati gli sforzi e i risultati ottenuti negli anni, grazie alla collaborazione e alla cooperazione nel campo della malattie rare. Le associazioni dei pazienti affetti da malattie rare hanno rilasciato dichiarazioni che tentano di dissipare le preoccupazioni chiedendo solidarietà in questo momento di incertezza. Genetic Alliance ha rilasciato una dichiarazione dove, oltre a manifestare il proprio disappunto, sottolinea come i malati rari continueranno ad essere una priorità, mentre l'Alleanza continuerà ad essere un interlocutore fondamentale del governo, dei ricercatori, delle strutture di assistenza sanitaria e, in generale, della società. L'obiettivo di Genetic Alliance è quello di fare in modo che la voce dei malati continui ad essere ascoltata, a prescindere dai risultati del referendum. Una lettera del presidente dell' Associazione europea per l'emofilia e i disordini della coagulazione (EAHAD) e del Consorzio europeo dell'emofilia (EHC) sottolinea il proprio impegno a rappresentare adeguatamente i pazienti in Europa e nel Regno Unito, migliorando la vita dei malati e lottando per il progresso della ricerca medica e scientifica.
La scelta del Regno Unito influisce notevolmente anche sulla situazione delle associazioni dei pazienti provenienti da Paesi vicini.DEBRA Irlanda ha espresso profonda preoccupazione per l'impatto del referendum sulla creazione delle reti di riferimento europee (ERN), che hanno lo scopo di riunire i migliori specialisti clinici e migliorare l'assistenza sanitaria per i malati rari. L'Associazione ritiene che come conseguenza di questa decisione i "pazienti del Regno Unito potrebbero non avere un facile accesso alle competenze cliniche in altri Paesi dell'UE e questo vale in particolare per i pazienti irlandesi, per i quali i centri di competenza del Regno Unito sono spesso il primo porto di approdo". Oltre al ritardo nell'accesso alle cure per i pazienti del Regno Unito e la possibile perdita di finanziamenti per gli enti di ricerca del Paese, le implicazioni vanno ben oltre i gruppi di ricerca britannici e potrebbero essere dannose per le tante reti di ricerca sulle malattie rare per le quali il Regno Unito rappresenta un partner fondamentale.
EURORDIS ha confermato il suo impegno a collaborare attivamente con Rare Diseases UK e Genetic Alliance, sottolineando l'importanza di "andare avanti per analizzare l'impatto di questa scelta ed avviare un dialogo che affronti le conseguenze della Brexit, affinché le persone che vivono con un malattia rara nel Regno Unito non ne subiscano le conseguenze". EURORDIS riconosce anche come non sia chiaro se iniziative come le ERN e l'assistenza sanitaria transfrontaliera possano subire in futuro gli effetti negativi della Brexit, soprattutto dopo il 2017, quando saranno attive le prime ERN. EURORDIS indica anche la possibilità che l'Agenzia Europea dei Medicinali si trasferisca in un altro Paese europeo. A tal proposito l'EMA, ritrovandosi ad avere sede in un territorio extraeuropeo, ha rilasciato una dichiarazione con cui esprime la propria volontà di trasferirsi altrove, aggiungendo inoltre che la "rete europea di regolamentazione nel suo complesso è un sistema molto forte e flessibile in grado di adattarsi ai cambiamenti senza compromettere la qualità e l'efficacia del suo lavoro."
Il settore più colpito da questa scelta potrebbe essere la ricerca sulle malattie rare nel Regno Unito. Anche se una minoranza di ricercatori è ottimista circa gli effetti della Brexit, molti altri invece, dopo che il Regno Unito ha deciso di non essere più uno Stato membro dell'UE, esprimono grande preoccupazione sul futuro delle collaborazioni internazionali e della libertà di studenti e ricercatori di muoversi attraverso il canale della Manica. Questo potrebbe avere delle conseguenze per i giovani ricercatori europei, il cui lavoro è in gran parte finanziato, e a sua volta, avere delle ripercussioni sulla ricerca sulle malattie rare. Tuttavia, la maggior parte delle parti coinvolte riconosce che nulla cambierà nell'immediato futuro per i gruppi di ricercatori finanziati dall'UE. Il team RD-Connect presso l'Università di Newcastle ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime che, nonostante abbia a cuore la questione del voto, "l'esito del referendum britannico non altera i (loro) risultati ed è ovvio che continueranno a collaborare anche oltre i confini". Ai ricercatori britannici è stato assegnato il 17% (circa 570 milioni di €) (2007-2013) dell'intero bilancio del Settimo programma quadro dell'UE. È possibile che i fondi europei per il Regno Unito, come i fondi di Horizon 2020, possano essere tagliati in una certa misura, anche se il Paese dovesse diventare un membro associato. In ultima analisi, i complessi negoziati tra l'UE e il Regno Unito determineranno l'impatto sulla ricerca del Regno Unito.
RD-ACTION proseguirà naturalmente il suo lavoro di promozione dell'adozione delle raccomandazioni europee negli Stati Membri a beneficio dei malati rari. I partner del Regno Unito sono i principali collaboratori attivi in questo progetto. Per quanto riguarda Orphanet le attività del Regno Unito proseguiranno senza conseguenze. Continuerà anche il lavoro dell'Università di Newcastle nel contribuire allo sviluppo e all'istituzione delle ERN e alla promozione delle politiche a favore delle malattie rare.
Dopo la diffusione della notizia dell'esito del referendum, le acque si sono un po’ calmate e il ciclo di notizie si è trasformato. Anche se Bruxelles è in attesa del Regno Unito per avviare i negoziati formali, molti fattori politici hanno complicato lo scenario attuale. I malati rari e tutti gli altri soggetti interessati dovranno, pertanto, attendere i negoziati tra l'UE e il Regno Unito per iniziare a valutare le piene conseguenze del referendum.